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Friday, February 28, 2014

Lettera di fine febbraio

Anche la speranza ha il suo lato amaro.  Il suo sapore agrodolce sale alle labbra quando l’attesa fiduciosa e sicura del futuro si trasforma in inquietudine, quando il dubbio si insinua serpentino nella mente: e se quell’obiettivo fosse fuori dalla mia portata? Purtroppo nulla sfugge alla dura legge dei mezzi economici. Neanche i sogni. Anzi, sono proprio quelli a crollare per primi quando non si hanno le risorse per realizzarli. Da quanto tempo sentiamo ripeterci che l’Italia è in crisi, la disoccupazione in crescita, l’università è sull’orlo del tracollo e i giovani italiani invecchiano a casa dei genitori senza prospettive per il futuro? Un futuro che sempre più ragazzi cercano lontano da casa. Tanti, però, dimenticano di dire che anche per andare via ci vogliono i soldi. Per i visti, il biglietto dell’aereo, il vitto, l’alloggio, e un corso di lingua o di specializzazione. Facendo i conti, andare via è più difficile che restare. A meno che non si sia dispoti a fare altri sacrifici anche solo per una parentesi all’estero. Ecco quindi giovani fare i baristi a Londra, le ragazze au pair in Irlanda e in America, i camerieri in Australia, compilare moduli infiniti, trascorrere le notti su una domanda per una borsa di studio, un dottorato, un progetto di ricerca che potrebbe cambiargli la vita. O meglio, cambiargliela almeno per un po’. Sì, a volte solo per un breve lasso di tempo, perchè anche all’estero le cose non sono facili, e rimanere “fuori”  è una sfida persino più grande di quella di partire. 

Io appartengo alla seconda schiera di giovani, di quelli che non avevano la possibilità economica per partire  e  hanno aspettato con il cuore alla gola una lettera di ammissione . Di ragazzi che, come me, avevano le mani sudatissime nell’aprire la posta in attesa di una risposta, ne ho incontrati tanti e provenienti da ogni parte del mondo. Tante storie, ognuna unica a suo modo. Non ci sono storie universali. Ma solo tante vite che si incrociano sotto il cielo di una terra straniera. Vi racconterò come si vive “fuori”. “Fuori” dall’Italia. “Fuori” dal Paese che ti ospita, perchè in fondo non ne fai veramente parte. La lettera di oggi l’ho scritta da una piccola città del New England. In Italia, alla televisione, ci fanno sempre vedere il mal tempo che flagella l’America: uragani, incendi e tempeste di neve. Nessuno, però, dice che di notte ci sono uomini che lavorano sodo per liberare le strade affinchè le città non si fermino, che i colori dell’inverno sono stupendi e che il cielo qui è di un azzurro intenso. Ma non lasciatevi ingannare dalle foto, ci sono meno quindici gradi.

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